ANTONIO DONGHI
Roma, 1897- Roma, 1963;
pittoreNasce a Roma il 16 marzo 1897 da Ersilia de
Santis, romana, da Lorenzo, commerciante di stoffe originario di Lecco. Dopo la
separazione dei genitori trascorre un periodo in collegio, poi si iscrive al Regio
Istituto di Belle Arti di Roma, frequentando i corsi comuni e i corsi superiori di
decorazione fino alla licenza conseguita nel 1916.Nello stesso anno, iniziato il servizio
militare, è inviato in Francia, al seguito della 15 compagnia ferrovieri. Al termine
della guerra, si dedica allo studio della pittura nei musei di Firenze e Venezia,
interessandosi soprattutto al XVII e XVIII secolo . L'esordio si colloca nel 1922,quando
presenta un'opera alla XV Esposizione della Società amatori ecultori di belle arti di
Roma. Il quadro, dal titolo Via del Lavatore, raffigura la strada a due passi di
Fontana di Trevi dove si trova la sua abitazione. Nel 1923 partecipa con un Nudo di donna
alla Seconda Biennale Romana, nella stessa sala dove Carlo Socrate,
Francesco Trombadori, Nino Bertoletti espongono le loro opere di sapore
"neoclassico".Il clima in cui Donghi inizia ad operare è quello sviluppatosi
intorno al gruppo di "Valori Plastici" e
nella "Terza saletta" di Aragno negli anni del dopoguerra .Nel 1924 le prime
mostre personali nella Sala Stuard di via Veneto e alla Casa
d'Arte Bragaglia, rendono nota la pittura di Donghi a un pubblico più vasto. In
dicembre, alla Galleria Pesaro di Milano, Donghi partecipa alla importante Esposizione di
venti artisti italiani, una mostra, curata da Ugo Ojetti,
che vede la partecipazione ,tra gli altri di, de Chirico,
Casorati, Guidi, Oppi, Tozzi, Trombadori.
Donghi appare già a questa data come un esponente di quella tendenza che poco dopo il
critico tedesco Franz Roh definisce "Realismo magico". Nonostante il suo
carattere schivo l'artista assume nel corso deglianni Venti una dimensione di lavoro
sempre più internazionale. Nel 1925 è invitato in una importante mostra a Mannheim
all'insegna della "Nuova oggettività". Nel 1926 partecipa con 10 quadri alla
Exhibition of ModernItalian Art, organizzata dal Ministero della Pubblica Istruzione e
itinerante nei musei di New York, Boston, Washington, Chicago, San Francisco. In estate si
reca per un breve periodo a Parigi ,dove studia nei musei e incontra De Chirico e De Pisis. Nel 1927 ,grazie all'appoggio di Lauro de
Bosis, tiene una personale a New York, con un notevole successo di vendita. Espone in
svizzera e in Germania e in autunno al Premio Carnegie di Pittsburg ottiene una menzione
d'onore per il Carnevale, che poco dopo entra insieme ad altre opere in una
collezione americana. Appare molto importante in questi primi anni l'appoggio ricevuto da
parte di Ugo Ojetti e anche il rapporto con il
musicista Alfredo Casella, uno dei primi
collezionisti italiani disposti ad apprezzare il suo lavoro. Nel 1928, dopo una nuova
esposizione a New York, partecipa alla Biennale di Venezia.. Nel marzo 1929 con cinque
opere partecipa alla Prima mostra del Sindacato laziale fascista degli artisti. Sempre nel
1929 partecipa alla Seconda mostra del Novecento Italiano. Gli anni Trenta sono per Donghi
anni di intenso lavoro e di notevoli affermazioni. Alla Biennale del 1930 il dipinto Donna
alla finestra è acquistato dal Museo d'Arte Moderna di Palazzo Pitti. Espone a
Buenos Aires (Mostra delNovecento Italiano) e nuovamente a Pittsburg. Nel 1931, alla Prima
Quadriennale, il dipinto Donna alla toletta è acquistato dalla costituenda
Galleria Mussolini, mentre il Battesimo entrerà a far parte del Museo Civico di Torino.
Alla Biennale di Venezia del 1932 due delle otto opere esposte sono acquistate da
Collezioni pubbliche: la Donna al caffè dal Museo di Ca' Pesaro, la Giovanetta
dal museo Civico di Genova. Il 1932 è anche l'anno di una nuova personale, ospitata a
Roma dal giovanissimo gallerista Dario Sabatello. Le
opere esposte sono circa quaranta, non tutte recentissime.
Alla Quadriennale del 1935 Donghi espone un nutrito gruppo di opere, presentandole in
catalogo con un breve scritto .Nel 1936 ottiene l'incarico di figura disegnata presso la
Regia Accademia di Belle arti e liceo artistico di Roma. Da questo momento si divide tra
l'insegnamento e la pittura, sviluppando soprattutto il tema del paesaggio italiano,
indagato e studiato dal vero in frequenti viaggi. Sono in gran parte paesaggi le opere
esposte tra il 1938 (Roma, Galleria Jandolo) e il 1940 (Milano, Galleria Gian Ferrari) ma
non vanno dimenticati alcuni quadri che tornano sui suoi temi preferiti:
saltimbanchi,cantanti e attricette da avanspettacolo, e poi " attori"
inconsapevoli come cacciatori, pescatori, fanciulle in vacanza,giovani amanti e perfino un
attore d'eccezione come Il duce, ritratto su un bianco cavallo in un quadro
(disperso) eseguito per il Premio Sanremo del 1937. Un importante riconoscimento alla sua
professionalità arriva nel 1939, quando l'Istituto Centrale del restauro gli affida il
settore tecniche pittoriche. Nel 1941 La Reale Accademia d'Italia gli conferisce un premio
con riferimento a tutta la sua attività. Il 1942 è l'anno della prima monografia nella
collana "Arte Moderna Italiana" diretta da Scheiwiller per Hoepli. Autore del
testo è Leonardo Sinisgalli, poeta e attento
osservatore delle vicende artistiche romane.
La partecipazione alla quarta Quadriennale (1943) e la personale alla Galleria La Finestra
di Roma ( 1945 ) rivelano i sintomi di un cambiamento di linguaggio che si farà sempre
più evidente: si accentuano le componenti calligrafiche, a scapito della composizione
complessiva dei dipinti, mentre sempre più raramente l'artista affronta soggetti di
grandi dimensioni. Il clima culturale del dopoguerra non contribuisce certo alla sua
serenità di lavoro. Donghi continua a produrre soprattutto per alcuni affezionati
collezionisti, che in questi anni si aggiudicano buona parte della sua produzione. Un
notevole riconoscimento internazionale gli viene ancora una volta dall'America, con la
partecipazione alla storica rassegna Twentieth-Century Italian Art, curata da
J.T.Soby e A.H.Barr per il Museum of Modern Art di New York. Tra le tre opere esposte c'è
anche uno dei suoi ultimi capolavori, la Caccia alle allodole.
Il periodo che va dal 1950 alla morte (Roma 16 luglio 1963) può essere considerato come
un periodo di ripiegamento. Donghi dipinge quasi esclusivamente paesaggi, partecipa alle
Biennali di Venezia del 1952 e 1954 in tono minore, e così alle Quadriennali (1951, 1955,
1959) .Qualche volta invia alle mostre quadri non recenti. Il clima della contesa
astrattismo-realismo non giova alla sua ricerca, anche se l'artista è poco più che
cinquantenne.. La prima mostra retrospettiva, pochi mesi dopo la morte, si tiene alla
galleria "La Nuova Pesa" di Roma.
Bibliografia
M.Fagiolo, V.Rivosecchi, Antonio Donghi, Ed.Allemandi, Torino
1990 |